Questo dipinto è pregiato e raro. Trovare un dipinto di questa tradizione, con una calligrafia così armoniosa e davvero difficile. L'esperienza e la tecnica acquisita dal Maestro che lo ha realizzato è notevolmente superiore, e lo si può facilmente notare paragonando questo dipinto ai più comuni. La calligrafia si presenta molto raffinata e fluente, dando l'idea di un "corsivo" dal tratto curato e armonioso.
Questo Mandala è costituito da una ciclicità Mantra, da intendersi come una base che simboleggia la realtà eterea e spirituale, e sostiene quindi i simboli al centro.
Le scritte all’interno del Mandala sono un Mantra in tibetano, ovvero una preghiera ripetuta, al fine di sorreggere il simbolo al centro, che dà il significato al Mandala. La preghiera scritta è pronunciata: “Om mani padme hum” ed il significato che le viene attribuito è amore universale e compassione, che rappresentano le basi del buddhismo. Questo mantra è probabilmente il più famoso e usato nel buddhismo tibetano, e se pronunciato ripetutamente ha un effetto benefico nella psiche e nella mente.
La realizzazione materiale di un thangka, come del resto avviene per la maggior parte dell'arte buddista, è di natura altamente geometrica. Braccia, gambe, occhi, narici, orecchie e vari utensili rituali vengono tutti sistemati su una griglia sistematica di angoli e linee intersecantisi. Un bravo maestro di thangka sceglie in genere tra una varietà di forme predisegnate quelle da inserire nella composizione, su una gamma che va dalle tazze per le elemosine, agli animali, alla forma, dimensione e angolazione di occhi, naso e labbra di una figura. Il procedimento appare molto scientifico, ma spesso richiede una conoscenza molto profonda del simbolismo della scena che si sta dipingendo, onde coglierne l'essenza o lo spirito.
In questo dipinto viene raffigurata la divinità Tara Bianca.
Tara rappresenta ed incarna l’aspetto e le caratteristiche della parte femminile del Buddha, o dell’Illuminato. Tara è una delle divinità più popolari nel pantheon buddhista, soprattutto nelle regioni Himalayane in Tibet,Nepal, Ladakh, Buthan e Mongolia.
Si dice che Tara nacque dalle lacrime di compassione del Bodhisattva Avalokiteshvara (il Buddha della Compassione). Tuttavia ci sono due leggende riguardo la dea. Avalokiteshvara, guardando il mondo terreno dall’alto dei cieli, si commosse profondamente nel vedere gli esseri senzienti straziati dalla sofferenza. Le sue lacrime diedero origine ad un lago, sul quale sbocciò un fiore di loto da cui nacque Tara. Esiste però un’altra versione della leggenda in cui dalle lacrime che scorrevano sul volto del Bodhisattva Avalokiteshvara nacquero due Tare: la pacifica Tara Bianca sul lato sinistro, e l’intraprendente e dinamica Tara Verde sul lato destro.
Tara Bianca rappresenta la purezza e viene ritratta con la corona a cinque foglie. La mano destra è abbassata e aperta nel gesto di garanzia (varadamudra), mentre la sinistra compie il gesto di incoraggiamento (abhayamudra) e tiene tra le dita un fior di loto in piena fioritura. La sua caratteristica più evidente sono i sette occhi: in aggiunta ai due naturali ha un terzo occhio sulla fronte ed uno su ciascuna delle mani e dei piedi. Il terzo occhio simboleggia la sua visione diretta dell’unità, della realtà ultima, mentre con gli altri due occhi osserva la dualità, il mondo illusorio.
Gli occhi supplementari, posizionati sul palmo delle mani e sulle piante dei piedi, rappresentano l’unione di compassione e perfetta saggezza. E’ considerata la protettrice degli esseri umani che attraversano l’oceano dell’esistenza. Tara Bianca viene invocata dai devoti per superare gli ostacoli, soprattutto quelli che intralciano il progresso spirituale.
Il materiale è tela di cotone, ed i colori sono pigmenti solubili in acqua, sia di minerali che di materiali organici, temperati con una soluzione di erba e colla.